Venezia ore 06:55. Mi trovo alla fermata del vaporetto a pochi passi dal museo del Settecento veneziano: Ca’ Rezzonico. Non fa esageratamente freddo rispetto agli altri giorni. Non rinuncio tuttavia alla sciarpa e al baschetto. Davanti a me il Canal Grande, San Samuele mentre alla mia destra si scorge il ponte dell’Accademia e i numerosi palazzi veneziani ancora dormienti. Che dire. Uno spettacolo!
Sicuramente quest’alba non è delle più eccezionali ma non c’è proprio nessuno a quest’ora e ti senti “padrone del mondo”. Il vaporetto sembra non arrivare mai. Esco dall’approdo e guardo il museo del Settecento. E, non vedo l’ora di poter andare a rivedere la stanza dei suoi Pulcinella. Bisognerà attendere aprile, incrocio però le dita e chissà magari in una apertura anticipata. Gli affreschi eseguiti, tra il 1793 ed il 1797, negli anni della Venezia del Grand Tour, da Giandomenico Tiepolo sono semplicemente straordinari. Che cos’hanno in comune Pulcinella, la maschera napoletana e la Città di Venezia? Non saprei proprio cosa rispondere. Una cosa è certa. Venezia ha già un ricco repertorio di maschere. Pulcinella incarna invece la più genuina napoletanità e forse è per questa ragione che Tiepolo, pittore veneziano del XVIII secolo, li sceglie come soggetto dei suoi affreschi. Ballano, giocano, amoreggiano, incuranti delle loro gobbe. E, sul soffitto di Ca’ Rezzonico si librano saltimbanchi in quel bellissimo e celebre “ovale di Pulcinella sull’altalena”.
Considero il mondo per quello che è, Graziano: un palcoscenico sul quale ciascuno recita la propria parte. Il mercante di Venezia, William Shakespeare