Venezia, Brodskij

Sto passeggiando lungo una soleggiata e ventosa Fondamenta degli Incurabili, alle Zattere. Alla mia destra il Canale della Giudecca, il sole che, alle 15, si riflette ancora con forza sull’acqua, la chiesa del Redentore che si sta per trasformare in una sagoma nera con la sua silhouette palladiana. Alla mia sinistra una cinta di mattoni a vista, diversi i colori (rosso, rosa, arancione) che si interrompono bruscamente per ospitare una bianca iscrizione. E’ quella in memoria di Iosif Brodskij: “grande poeta russo premio Nobel, amò e cantò questo luogo”.

“Fondamenta degli Incurabili” è invece una delle più brillanti opere mai scritte su Venezia, un saggio sulla bellezza della città seppur egli non lesina dure critiche a chi voleva e vuole distruggerla, perché Venezia è:.

“L’opera d’arte più spettacolare che l’umanità abbia mai creato”.

Un conto è studiare e leggere autori e letterati. Altra faccenda conoscere un amico veneziano del premio Nobel. A parlarmi di lui era stato, molti anni fa, il patrizio Girolamo Marcello che lo aveva ospitato nel suo palazzo, su Rio de la Verona, ed era solito raccontarmi, a margine delle interviste, aneddoti e curiosità della nostra Serenissima e, della sua amicizia con Iosif Brodskij ne avevamo anche scritto sulle pagine del nostro quotidiano “spostò tutti i mobili del salotto del patrizio veneto al piano nobile, per poter stendere il manoscritto e poterci lavorare”.

«Per molti aspetti ricorda la mia città, San Pietroburgo. Ma l’aspetto principale è che quel posto è talmente bello che ci puoi vivere senza essere innamorato. È così bella che lo sai bene che niente che nella vita tu ti possa inventare o realizzare, sopratntutto in termini di pura esistenza, avrebbe una bellezza paragonabile. È così superiore. Se dovessi reincarnarmi, vorrei essere un gatto che vive a Venezia, qualsiasi cosa va bene purché a Venezia. Anche un topo. Dal 1970 avevo un’idea fissa: andare a Venezia. Avevo l’idea di trasferirmi e affittare un appartamento al piano terra in qualche palazzo sull’acqua, sedermi lì e scrivere, e gettare i mozziconi delle sigarette così sarebbero sfrigolati nell’acqua. E quando i soldi sarebbero finiti, sarei andato al negozio, avrei comprato una pistola da quattro soldi con quel che mi restava, e mi sarei fatto esplodere le cervella».